Home
Sobre Antonio Miranda
Currículo Lattes
Grupo Renovación
Cuatro Tablas
Terra Brasilis
Em Destaque
Textos en Español
Xulio Formoso
Livro de Visitas
Colaboradores
Links Temáticos
Indique esta página
Sobre Antonio Miranda
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


FERNANDO MENDES VIANNA

FERNANDO MENDES VIANNA

Luis Fernando de Sá Mendes Vianna n. a Rio de Janeiro, Il 9 febbraio 1933. Poeta e saggista. Há studiato a Portogallo, Svizzera e Spagna. Laureato in Giurisprudenza, há lavorato presso Il Senato Federal e Brassiliano fino a alla pensione.

[POETI  BRASILIANI CONTEMPORANEI a cura di Silvio Castro, traduzioni i Giampaolo Tonini.  Venezia: Centro Internzionale della Grafica di Venezia, 1997.  (Quaterni Internazionali di Poesia – 1) Opera pubblicata con contributo del Ministério da Cultaura do Brasil / Fundação Biblioteca Nacional / Departamento Nacional do Livro.


EN ITALIANO   /   EM PORTUGUÊS

Il rosso

Rosso, rosso vivera.
Così rosso, scrivera.

Quando scriveva, sanguinava.
Sangue dell´anima si sentiva.

Pur se com gioia cantava
Il sangue dell´anima gridava.

Pur se con gioia cantava
Il sangue dell´anima gridava.
Rosso, come scriveva,
piangeva, amava, rideva.

Quando scriveva, sanguinava,
Il sangue sul foglio si seccava:
ma il colore non sbiadiva...


Murale di mare

I
Il mare è il mio orologio
sorridente. I mare sorride. Anche se in crisi
         il maré sorride.
Anche se trafitto da Mille pesci spada,
         continua il suo noto,
         sorride emostra i suoi denti.
Nonostante l´assedio del cielo sempre in scena,
         è la mia avena,
         è la mia speranza,
         è la mia lógica.
Il mare sono io, bambino.

II
Il mare è la mia fronda.

III
Il mare è um ucello le cui piume son le mie pen(n)e,
         Le sue spume sono il mio crine.
         Il maré è Il mio ucello-corsiero.
         Talvolta è um ucello crudele.

IV
Il maré non conosce il fiele.
Il maré há il suo centro
         — come Dio —
in ogni luogo.
Il maré è un fantastico carosello.
Il circolo del mare è l´unico circolo saggio:
dentro.

V
Il maré há sulle labbra incantatori eloqui.
         Il mare è squassato
         da desideri
         ma non si spezza mai in nessuna parte.
Il mare parte sempre, vive andando,
         partiendo,
         alzando le spalle e fischiando.
Il mare non s´avvelena mai.
Il mare è un eterno ingenuo,
         vive di stupori,
         crede in un´eterna primavera
         là a Citera.
Quando lo provoca il vento stenuo,
il mare rabbrividisce ma non s´intimorisce,
e sospira sppena un lamento sulla cetra.
Il mare è buono, benché furia.

VI

Il mare torna sempre alle sue mansuetudini.
I palazzi della pace, ecco le sue mansioni.
Soffitti di silenzio, colonne di solitudini.
Il mare è un imperatore mirifico.


VII
Anche se a fatica,
il maré torna sempre in se.
Quando è nauseato, vomita
Il manato che gli há intasato
         la glottide
— sai maremoto o sputo,
sai pattume o sai um pennuto.


VIII
Nel maré non restano cicatrici.


IX
Chiglie che lo tagliano,
macchie d´olio che avviliscono
         i suoi fondosi rami,
         odori di lardo e di aglio
         nelle cucine del porto,
         niente perturba la sua pace,
         niente turba Il suo vasto liquore.
Niente nel mare persiste,
         nel mare non resta nemmeno una spina
                                                                  niente
                                                                  — ma próprio
                                                                           niente —
                                                                                    dolore

X
Con fischi o senza fischi,
il mare as quando uscire di scena.
Si curva davanti alla spiaggia
                                      e fa cenno.

La Mer è uma grande attrice.

XI
Il maré como Il tempo, non si ferma mai.
Non cadê nelle trappole
delle sirene, non resta nelle isole:
con forza le addenta, mangia
la loro dolce carne, e se ne va,
sepre se ne va via,
(quelche volta, indugia).

XII
Benché sembri che nei porti
il forte sangue del mar perda vigore
il mare non smorza Ii suo canto,
mai rinegga la marítima attitudine.
Da ogni porto, Il maré sempre si trae,
il mare, La terra non l´illude.
(Benché annidi in essaqualque sargasso.


XIII
Il mare dalle coste sempre s´allontana,
sempre alla terra volta le spalle.
Sai la terra applauso o sai fischio
il mare sempre torna al mare.


Un quotidiano


Tedio, voglia e morte,
e il cuore enorme
carne da macello.
Il cuore senza angeli,
senza fughe, senza Sport,
cuore di rughe.
Il cuore alla pioggia, senza parapioggia.
Il cuore in cabatte, giallo,
giallo, focolaio com epatite.
E l´appetito, e l´appetito
enorme, enorme senza fame.

E le finestre aperte di giorno,
e le porte chiuse di notte.

Vivimo, cuore, viviamo,
cuore, insomma, sei cuore!
Alzati, lavati i denti, saluta,
abraccia, separa, caccia, inganna,
aiuta il passante, dà un´elemosina,
il mendico chiede, la vecchia piange,
hai madre, figlio, fratello, moglie,
il tuo orologio, il tuo dover, la storia,
è già ora, daí, cuore!

E il cuore senza angeli
mette i pantaloni, mangia la minestra,
abbracia e parte.
E partito torna
cittadino, padre e marito.

E la moglie lo aspetta,
e il figlio, e la tavola,
e il tello.  E il cuore di cera
mangia la minestra, piange
impreca, prega
invoca la vita:
“Vita, bacia
per me, bacia
il cálcio della mula
e le mosche.”
E la vita, muta.

E il libro attende,
e la coscienza, e la lotta,
non lottata, in lutto,
in lattina. Merda!
E la bevanda invoglia,
invoglia, invoglia,
e accende la vogila.

E bevi, e voli, e sputi
e orini, cuore, negli angoli.
E torni, e vomiti sul letto
Il pane quotidiano.

Campo santo

In questo campo per niente bucólico
in questo sterile latifondo
di pietra, morte e marmo,
in questo pavonesco santo
campo di vanità e di ossa,
inalbero, mio mare, la fiamma nera
di pirata, e ttacco e abbatto
i vistosi sepolcri imbiancati,
         e distruggo lapidi e mummie
         risuscito. Alzatevi, Lazzari!
                                      Siate lussoriosi!
Lasciate ogni orpello, vestite la pelle,
e andarte nudi per la città,
cul fuoco in corpo all´imbrunire.
La vita è grande. La morte,
sua sorella gemella, impregnatela!
Ahi, da ogni parte um cimitero,
in ogni angolo paura e grate.
Da ogni parte presidi e carceri
all´apperto! Libertà, liberta,
liberta anche se tardi.


EM PORTUGUÊS
 

O rubro

Rubro, rubro vivia.
o mar Assim rubro, escrevia.

Quando escrevia, sangrava.
Sangue da alma se ouvia.

Mesmo cantando alegria
o sangue da alma gritava.
Rubro, como escrevia,
chorava, amava, ria.

Quando escrevia, sangrava.
O sangue na folha secava:
mas a cor não se esvaía...


Mural do mar

I
O mar é meu relógio
sorridente. O mar sorri. Até na crise
         o mar sorri.
Até atravessado por mil peixes-espada,
         continua seu nado,
         sorri e mostra seu dente.
Apesar do assédio do céu sempre em cena,
         é minha avena,
         é minha esperança,
         é minha lógica.
O mar sou eu, criança.

II

O mar é minha fronde.

III
O mar é um pássaro cujas plumas são minhas penas.
         Suas espumas são minha crinas.
         O mar é meu pássaro cruel.

IV
O mar não conhece o fel.
O mar tem seu centro
         — como Deus —
em toda parte.
O mar é um fantástico carrossel.
O círculo do mar é o único círculo sábio:
dentro.

V
O mar tem lábios de fascinante lábia.
         O mar se esquarteja
         de desejo,
         porém nunca se parte.
O mar parte sempre, vive indo,
         partindo,
         dando de ombros e assobiando.
O mar nunca se envenena.
O mar é um eterno ingênuo,
         vive de assombros,
         acredita numa eterna primavera
         lá na Citera.
Quando o provoca o vento etrênuo,
o mar estremece mas continua estreme,
e apenas suspira um trenó em cítara.
O mar é bom, embora fera.

VI

O mar sempre regressa a suas mansidões.
Os palácios da paz, eis suas mansões
— tetos de silêncio, colunas de solidões.
O mar é um imperador mirífico.

VII
Mesmo cai-não-cai,
o mar volta sempre a si.
Quando se engulha, vomita
o pulha que lhe entulha
         o goto
— seja maremoto ou perdigoto,
seja lixo ou seja uma perdiz.

VIII
No mar nunca se grava cicatriz.

IX
Quilhas que o retalham,
manchas de óleo que achincalham
         seus frondosos galhos,
         cheiros de gordura e de alho
         nas cozinhas do cais,
         nada perturba a sua paz,
         nada turba o seu vasto vinho.
 Nada no mar se finca,
         no mar não fica um único espinho:

                                                        Nada
                                                        — nem um só
                                                                  nada —
                                                                           dor.

X
Com vaia ou sem vaia<
o mar sabe quando sair de cena.
Curva-se ante a praia
                            e acena.
La Mer é uma grande atriz.

XI
O mar igual ao tempo, nunca pára.
Não cai nas armadilhas
das sereias, não fica nas ilhas:
finca-lhes o dente, trinca
sua doce carne, e vai-se,
sempre vai-se embora
(às vezes, com demora).

XII
Embora pareça que no cais
o grande sangue do mar se esvai,
o mar não adoça o alaúde,
nunca renega a marítima atitude.
De qualquer cais, o mar sempre se sai.
Ao mar a terra não ilude.
(Embora aninhe nela algum sargaço).

XIII
O mar das costas sempre sai,
sempre à terra dá as costas.
Seja a terra aplauso ou seja vaia,
o mar sempre volta ao mar.

 

Um quotidiano

Tédio, tesão e morte,
e o coração enorme
carne de corte.
O coração sem anjos,
sem fugas, sem esporte<
coração de rugas.
O coração na chuva, sem guarda-chuva.
O coração em chinelos, amarelo,
amarelo, fogaréu com hepatite.
E o apetite, e o apetite
enorme, enorme sem fome.

E as janelas abertas do dia,
e as portas fechadas da noite.

vamos ver, coração, vamos viver,
coração, afinal, és coração!
Levanta, limpa os dente, dá bom-dia,
abraça, desenlaça, caça, faz trapaça,
ajuda o transeunte, dá uma esmola,
o mendigo pede, a velha chora,
tens mãe, filho, irmão, mulher,
teu relógio, teu dever, a história,
está na hora, vamos coração!

E o coração sem anjos
veste a calça, toma a canja,
abraça e parte.
E partido volta,
cidadão, pai e marido.

E a mulher o espera,
e o filho, e a mesa,
e a cama. E o coração de cera
toma a canja, chora
pragueja, reza,
invoca a vida:
“Vida, beija
por mim, oscula
o coice da mula
e as moscas.”
E a vida, muda.

E o livro aguarda,
e a consciência, e a luta
não lutada, enlutada,
enlatada, Merda!
E a bebida chama,
chama, chama,
e incendeia o cio.

E bebes, e voas, e cospes
e urinas, coração, pelas esquinas.
E voltas, e vomitas na cama
o pão de cada dia.


Campo santo

Neste campo nada bucólico
neste estéril latifúndio
de pedra, morte e mármore,
neste empavonado santo
campo de empáfia e ossos<
arvoro meu mar, flâmula negra
de pirata, e ataco e arraso
os vistosos sepulcros caiados,
         e destruo campas e múmias
         ressuscito. Levantai-vos, Lázaros!
                            Sede luxuriantes!
Despi o ouropel, vesti a pele,
e andai nus pelas urbes,
corpo em fogo ao fim da tarde.
A vida é grande. A morte,
sua irmã gêmea, empenhai-a!
Ai, por toda parte um cemitério,
em cada esquina medo e grades.
Por toda parte um presídio
ao ar livre! Liberdade, liberdade,
liberdade ainda que tarde!

 

Página publicada em dezembro de 2008


Topo Voltar para Brasilian en Italiano

 

 

 
 
 
Home Poetas de A a Z Indique este site Sobre A. Miranda Contato
counter create hit
Envie mensagem a webmaster@antoniomiranda.com.br sobre este site da Web.
Copyright © 2004 Antonio Miranda
 
Click aqui Click aqui Click aqui Click aqui Click aqui Click aqui Click aqui Click aqui Click aqui Click aqui Home Contato Página de música Click aqui para pesquisar